Residenze: Francesca Balducci – Codice di Sermoneta: mappatura degli spazi urbani
Inaugurati i progetti delle 6 residenze artistiche di Francesca Balducci, Claudio Beorchia, Emmanuele Lo Giudice, Anahi Angela Mariotti, Simone Mulazzani/Valentina Grossi, Monica Pennazzi nel centro storico e la mostra di arti visive e plastiche nella Chiesa di S. Michele Arcangelo. Visitabili fino all’11 ottobre 2020.
Dall’11 al 20 settembre Francesca Balducci, Claudio Beorchia, Emmanuele Lo Giudice, Anahi Angela Mariotti, Simone Mulazzani/Valentina Grossi, Monica Pennazzi hanno lavorato in residenza a Sermoneta, attivando un dialogo fruttuoso e creativo con gli abitanti e cercando di approfondire le dinamiche sociali e culturali nel territorio. Ogni artista ha così avviato un processo di inclusione nel quale il fare artistico diventa strumento di attivazione di connessioni urbane e umane e l’opera d’arte si trasforma da opera dell’artista in opera collettiva e appartenente al “bene comune”.
Francesca Balducci presenta il progetto “Codice di Sermoneta: mappatura degli spazi urbani” che affronta il tema della percezione e immaginazione degli abitanti in rapporto al paesaggio urbano: descrivere il proprio abitare, la propria città, significa descrivere se stessi all’interno di una relazione percettiva e culturale. Il progetto di installazione è un intervento diffuso nella zona cinquecentesca di Sermoneta: nelle nicchie, nei fori delle mura di pietra, nei pertugi, nelle feritoie, nelle crepe, sui davanzali, piccoli mattoni di mdf segnano un percorso attraversabile, volto a far emergere e rendere visibili il vasto serbatoio di forme, tempi, manufatti, simboli della stratificata storia della città e del suo presente. Un codice, una lingua visiva perduta e da riscoprire, portata nuovamente alla luce attraverso un percorso partecipato con gli abitanti del borgo che ha dato vita ad un micro museo nella Torre nuova.
“Il progetto di installazione diffusa “Codice di Sermoneta” è realizzato attraverso l’uso di tavole di mdf di diverse dimensioni dipinte con immagini di forme urbane, simboli e dettagli di Sermoneta, rielaborati dal mio sguardo e linguaggio visivo. La bidimensionalità delle immagini, la sinteticità del segno, il contrasto puro tra bianco e nero sono elementi usati per giocare con l’ambiguità della percezione. In questo modo lo spettatore è stimolato a riconoscere qualcosa di reale e conosciuto ma anche a produrre e rievocare immagini e visioni che appartengono alla propria esperienza e storia di vita.
L’installazione sarà presente in due punti distinti ma vicini. Alcuni mattoncini di mdf sono collocati lungo la scalinata Marchioni, all’interno di nicchie e fori situati nella cinta muraria, scelti tra i più adatti ad accogliere le tavole di legno. Il percorso lungo la scalinata rappresenta una mappatura personale di Sermoneta seguendo il tema del rapporto del tempo con i luoghi. Altri mattoncini sono collocati nella Torre Nuova del Bastione omonimo, spazio circolare su piano strada e all’aperto, all’interno del quale è allestito un Micro Museo. Entrambi i luoghi sono stati scelti in virtù della loro collocazione e fruizione, luoghi meno battuti e “segnati” dal passaggio dei turisti pur essendo limitrofi al corso principale.
Nel rapporto con la città, oltre ad effettuare ricerche di segni urbani utili al progetto, ho cercato di privilegiare le relazioni dirette con gli abitanti affinchè il progetto, per sua natura in situ e in progress, fosse anche il risultato di un incontro e scambio con la popolazione. La presenza dei monoliti ha come scopo quello di generare curiosità e attivare lo sguardo al contesto in cui è inserito, ma anche di attivare processi di risignificazione e trasformazione dei luoghi anche attraverso il coinvolgimento degli abitanti. Da qui l’idea del Micro Museo a cielo aperto, allestito all’interno della Torre Nuova con una parte della produzione visiva del progetto e la partecipazione attiva delle donne residenti nelle case adiacenti. La Torre viene percepita e vissuta dalle donne del quartiere come un prolungamento della propria abitazione, come un luogo di cui prendersi cura, da qui la presenza all’interno dello spazio di paletta e scopa per ripulirlo autonomamente dagli escrementi degli animali. Il mio incontro con loro non è stato vissuto come un’ingerenza bensì come un’occasione di riattivare quei luoghi così amati ma percepiti come trascurati. Dai racconti delle sermonetane incontrate è emerso come la Torre e il Bastione retrostante fossero anni fa teatro di iniziative culturali e di interventi di gestione e manutenzione, mentre ormai da tempo sia tutto lasciato all’incuria e addirittura, come nel caso del bastione, preclusi al passaggio pubblico.
Il contatto che si è creato in poco tempo è stata la condizione per poter coinvolgere quelle stesse donne di diverse generazioni nel processo di ideazione del Micro Museo chiedendo ad esempio di pensare a un nome per il museo. È stato proposto il nome “Era fico” in riferimento a quando la Torre era piena di terra con in cima piantato un albero di fichi (del quale si nota una traccia nella radice secca che pende dall’alto verso l’interno ormai svuotato della torre), nome assegnato volutamente con un’accezione ironica, curiosa e polisemantica soprattutto per chi non conosce la storia.
Il senso e il significato dei monoliti non risiede solo nella componente visibile e grafica che si lega alla storia e all’identità collettiva del luogo, ma anche e soprattutto nel valore produttivo e trasformativo verso spazi e relazioni, in virtù di una reciproca condizione di scambio e comunicazione tra l’intervento artistico e gli immaginari, i desideri e i bisogni di chi vive e attraversa quei luoghi.” (Francesca Balducci)