Il Tema: ‘il Tempo della Metamorfosi’
‘Attraverso la nascita porto in me la forma di mio padre e quella di mia madre: geneticamente sono il dialogo improbabile e rumoroso tra i loro corpi e le loro forme. L’oblio che coincide con la nascita è l’elemento costitutivo più profondo della memoria. D’altro canto, anche i miei genitori sono il frutto di questa dimenticanza e di questa mescolanza. Avere in me il corpo di mio padre e di mia madre, avere le loro forme, avere la loro vita significa avere in me il corpo e la vita di un’innumerevole serie di viventi, nati tutti da altri viventi, fino alle frontiere dell’umanità e oltre ancora, fino alle frontiere del vivente e oltre ancora’ Emanuele Coccia
Emanuele Coccia nel suo libro ‘Metamorfosi. Siamo un’unica sola vita‘ evidenza come la vita sia la metamorfosi di tutte quelle che l’hanno preceduta: ognuno di noi veicola un passato ancestrale ed è destinato ad un futuro inimmaginabile.
Noi siamo il corpo e la vita di un’innumerevole serie di viventi: siamo un tempo eteroclito, inconciliabile, non attribuibile a un’epoca o a un momento dato, e non solo.
Siamo il tempo delle generazioni che si susseguono e si sovrappongono, si trasformano, a volte scompaiono per riapparire sotto diversa forma. Siamo la memoria e al contempo l’attualizzazione dei nostri avi; e le nostre vite, ciclicamente, ripetono percorsi e flussi, ne generano di nuovi, dando origine ad un continuum ininterrotto di processi. Siamo il frutto mnemonico futuribile dei nostri padri e delle nostre madri, dei loro padri e delle loro madri, dei padri dei padri, delle madri delle madri.
Le nostre storie sono le storie di chi è andato e di chi è rimasto, di chi ha generato e di chi ha costruito, di chi ha lasciato e di chi ha osato. Sono le storie di intrecci e di incroci, di ponti attraversati ed oceani solcati; storie di cammini, di mani e piedi, storie di case, quelle abbandonate e quelle fondate, storie di riti, di tempi rigenerati dai tempi che definiscono le identità e stratificazioni delle coscienze.
E dunque, è proprio la memoria che permette di preservare la nostra identità, quella personale e quella collettiva, la quale si radica nel desiderio di immortalità, propria di ogni essere umano: nel momento stesso in cui la memoria definisce l’identità ed evidenzia la necessità di essere attivata e alimentata, possiede anche la capacità di essere selettivamente futura.
Se non c’è dimenticanza, non c’è neanche memoria – ci ricorda Paolo Rossi.
Fare il vuoto – continua Emanuele Coccia – per lasciare spazio al resto: alle cose future, a ciò che ben presto sarà il mio passato, al mondo intero. Fare il vuoto per rendere possibile l’esperienza: ho dovuto dimenticare, dimenticare tutto, per poter percepire me stesso.
Il tempo delle metamorfosi è un tempo del presente, il tempo di oggi, di un io che è fatto delle sostanze del passato e conserva le memorie possibili, e che si dirige altrove, in quello stesso luogo che ci ha permesso di essere qui, ora, figli e figlie della carne e del sangue, mutazioni – dice ancora Emanuele Coccia – di uno sguardo già aperto sul mondo. Pur provenendo da strati di passati e memorie, ognuno di noi è costretto a diventare altro: il destino di una storia che si ripete mai uguale ripercorrendo gli stessi desideri e gli stessi impeti dell’anima.
Di fronte ed in mezzo agli eventi epocali che stiamo vivendo in questi ultimi anni, è necessario, dunque, comprendere quanto i tempi delle metamorfosi siano davvero i tempi del presente che ognuno di noi può realizzare e come l’arte possa essere lo strumento di un diverso sistema di relazioni tra culture, tra generazioni, tra piccole e grandi collettività.
È urgente attuare un tempo nuovo, che sia la metamorfosi di quello che è stato, per costruire comunità solidali che hanno comune l’obiettivo del bene reciproco, della coesione territoriale, della crescita sociale e spirituale.
Immagine: courtesy Archivio Famiglia Manente